lunedì 29 luglio 2013

GIUSEPPINA BERETTONI E L'APOSTOLATO DELLE DONNE NELLA CHIESA / una lettera di Giuseppina del 2 novembre 1901




“Dove è il vostro cuore, cioè, il vostro pensiero, il vostro affetto, ivi stesso è il vostro tesoro”.





 
 
 
Questa lettera fu scritta da Giuseppina il 2 novembre 1901: è una definizione dell'apostolato della donna con una breve concisa rassegna, ma pur completa e chiara, dei modi coi quali le donne possono anzi, debbono predicare Cristo Crocefisso.
 
“Mie in G.C. dilettissime,
La pace del Signore sia con voi, ed il suo santo amore vi purifichi la mente e il cuore.
Sia pur due sole parole, voglio scrivervele: so che vi consola tanto il sentir parlare di Gesù!
Brave, segno è questo che lo amate, e lo amate tanto, quanto è grande e vivo in voi il desiderio di sentire di Lui. Quel caro santo che fu San Francesco di Sales, pose come prova dell'amar ognuno il suo Dio, il desiderio di udirne le Sue lodi.
Ed infatti - anche parlando dell'amor profano - una persona che ami veramente un'altra, si compiace degli elogi (ancorché esagerati che altri di lei facciano) e se ne compiace come se a lei stessa li facessero, e forse più. Gli uomini, ingolfati nei piaceri del senso, di che cosa parlano e gustano se non di laidezze ed oscenità? Quelli che hanno posto tutto il loro cuore negli onori del mondo e nelle ricchezze, di che altro favellano, se non del modo di accumularle o di conservarle? Nostro Signore medesimo lo disse: “Dove è il vostro cuore, cioè, il vostro pensiero, il vostro affetto, ivi stesso è il vostro tesoro”. Il bimbo, che ama soprattutto la sua mamma e i suoi ninnoli, anche dormendo, e la sua mamma chiama, o sogna, i suoi giocattoli. La giovinetta leggera, amante di fronzoli e mode, pure nel sonno ai suoi vestiti e alle sue acconciature pensa, e spesso nel sonno stesso si agita ed affanna, parendole che quelli che possiede non possano renderla tanto graziosa quale ella desidererebbe apparire agli occhi dei ... gonzi. E via, via …
I cristiani ch'ebbero posto tutto il loro amore in Cristo, di Lui ogni giorno e notte si occupavano; di Lui ragionavano; per Lui operavano; di Lui e con santo ardore di carità, con tanta unzione, che, benché ignoranti d'ogni scienza umana, incantavano, o meglio incatenavano le moltitudini a Cristo, e ai suoi piedi traevano, coll'efficacia della loro parola, popoli e nazioni.
E’ vero che non a tutti è dato poter predicare, ché questo è ufficio proprio dei Ministri del Signore, dei Sacerdoti; ma se non tutti possono ascendere al pergamo, ognuno può e deve trovar modo e maniera di predicar Cristo Crocifisso.
E noi donne, meglio degli uomini stessi, non chiamate al Sacerdozio, lo possiamo e lo dobbiamo fare. Per alcuna di noi potrà essere il focolare; per altra il luogo di lavoro e la scuola che frequenta, e ciò occupando anche l'ultimo posto in questi luoghi.
Rammentate S. Francesco d'Assisi che, volendo (come sapeva volerlo lui, e come dovremmo saperlo noi) manifestare la bontà di Gesù al popolo, chiamò il più umile de' suoi frati e con esso fece un giro per la città e poi se ne tornarono al Convento dichiarando d'aver fatto la sua predica. Col contegno angelico e non colla parola la fece, ma la fece.
E noi pure in tante occasioni potremmo, colla semplice nostra presenza, predicare e ... convertire chissà quante anime. E non solo potremmo, ma dovremmo, perché siamo cristiane, cioè, seguaci di Cristo, Sue discepole, imitatrici delle Sue virtù.
E la virtù di Gesù è tale che affascina e trascina ogni cuore il più restio, il più duro. La presenza di Gesù mutava i cuori, ed anche la nostra deve operare a chi ci avvicina questo salutare effetto. Dico anche la nostra, non perché vi crediate che la stessa virtù che aveva il corpo adorabile di Cristo, abbia o possa avere il nostro di natura, ma per grazia, ma in forza della virtù di Gesù ch'è senza dubbio in noi, se noi siamo in Lui, oh sì, che possiamo, colla nostra presenza solamente, convertire.
Dai nostri occhi, dal nostro portamento deve leggersi la professione nostra di cristiane. Ognuno che ci avvicina deve sentirsi tratto da noi, dobbiamo lasciar dietro di noi li profumo di Cristo, delle ben ricopiate virtù sue. E allora saremo apostole, saremo sante”.
Giuseppina Berettoni