Le virtù di Giuseppina Berettoni
- Fede incrollabile
- Speranza
- Umiltà e rettitudine
- Obbedienza
- Purezza
- Spirito di preghiera
- Spirito di penitenza
- Amore verso Dio
- Amore del prossimo e suo apostolato
GIUSEPPINA BERETTONI
apostola dalla fede tenace
e dalla carità operosa
apostola dalla fede tenace
e dalla carità operosa
Fede incrollabile.
Alimentava la sua fede colla lettura dei Santi Vangeli che portava seco. Da detta lettura ricavava quella fede illuminata che comunicava ad altre anime: e non poche furono quelle che, illuminate dalla sua parola facile e persuasiva, tornarono a Dio. Per il suo desiderio di vivere di pura fede, che sempre conservò, fu favorita da Dio di doni soprannaturali.
Uguale
alla sua fede, fu il suo abbandono fiducioso in Dio; e in varie
critiche circostanze in cui si trovò, non perdette il suo sorriso
abituale e la sua confidenza in Dio. A chi voleva guidarla secondo
l'umana prudenza, rispondeva: «Lasciamo fare al Signore!... Fidiamoci di Gesù!..»
Speranza.
La sua speranza non mai scossa, fu straordinariamente fortificata colle sofferenze patite dal nemico infernale con le prove soprannaturali dell'angelica protezione.
Umiltà e rettitudine
L'umiltà fu la virtù che più la preoccupò, perché più temeva di perdere, e tale timore esagerato le fu motivo di celeste rimprovero, quando dicendo al suo Angelo: «M'imbroglia molto l'umiltà, non si potrebbe essere santi senza di essa?», le fu risposto: «Dell'umiltà come tu l'intendi, sì, perché le tue miserie devono servirti di sgabello per salire alla conoscenza di Dio: tu invece resti ferma guardando lo sgabello delle tue miserie. Bada che ti sarà tolto questo sgabello, ma tu non te ne devi occupare». - «Allora pregherò il Signore che me la dia l'umiltà. Ma io già la domando ogni ora»
E
veramente in quel tempo, ogni ora, recitava fra le altre brevi
preghiere, questa giaculatoria: «Signore dammi l'umiltà, la purità e la
carità» suggeritale dalla Madonna con promessa di accrescimento di tali
virtù. Nascondeva per umiltà i favori straordinari con una genialità
tutta sua.
Provò quasi
sempre grande difficoltà per manifestare al suo Direttore le cose
straordinarie che in lei avvenivano e che doveva riferire per
ingiunzione celeste fattale parecchie volte.
La
sincerità e l'umiltà - le fu detto - possono stare insieme, giacché
l'umiltà è il riconoscere i doni ricevuti riferendoli a Dio. E tu, per
timore della superbia, non devi mancare alla sincerità.
Della
rettitudine d'intenzione della Serva di Dio, in parlare, secondo
l'istruzione avuta sulla semplicità, non opposta all'umiltà, valga il
seguente brano dei suoi scritti:
1° Dicembre 1906. - Quanta consolazione provò il mio cuore nel rivedere la mia carissima amica Faustina! Una cosa mi disse però, questa timida colombina che non arrivo a spiegare: Abbi prudenza nel parlare con N. N. o con altri, non dir questo, non dir quell'altro. Tu parli con semplicità, ma chi ti ascolta, può non avere tanta prudenza di non rendere pubblico quello che tu dici e ciò anche non per malizia, ma per semplicità... ecc.
È
vero che io non rifletto troppo alle conseguenze che certe cose
riferite o rese pubbliche mi recherebbero, ma internamente sento dirmi
che io non devo fare altro esame di previsione che questo: può quanto
sto per dire, glorificare Dio e consolare il mio prossimo? se parmi di
sì, non rifletto di più. So benissimo che il demonio potrebbe servirsi
anche dei miei discorsi fatti con rettitudine d'intenzione e, Dio
permettendoglielo, rivolgere contro di me l'universo intero, ma so
altresì che a Dio piacciono più i semplici che gli astuti e che del
resto, niun danno me ne può venire, che Egli non possa cambiarlo in bene
per l'anima mia».
Una volta disse al suo Direttore: «Sempre ho avuto cura di ricopiare in me le virtù di Gesù: in altro tempo credevo che bastasse non voler male ai nemici, ma quando seppi che Gesù voleva che si amassero, lo procurai davvero».
E
si studiò difatti di rendere bene per male. A conferma di questo,
citerò solo due fatti più recenti. Nel 1925 seppe che una Signorina si
trovava all'ospedale per un’operazione e disse a me «Voglio proprio andare a farle una visita, poveretta!... Mi ha fatto tanto soffrire quando abitavo con lei e sua sorella...».
Andò con tutta la sua cordialità abituale e le offrì dei dolci. La malata, la ricevette con grande meraviglia e commozione.
Nel
settembre 1926, quando col Pellegrinaggio Nazionale, ci recavamo a
Lourdes, dal nostro scompartimento di terza classe, di notte, vide
attraversare il corridoio dalla suddetta Signorina, che pure faceva
parte del Pellegrinaggio. Appena passata, mi disse: «L'hai vista? quella è la mia nemica. Poveretta com'è ridotta! Vogliamo farla entrare qui?».
Quando la vide ripassare, si alzò a salutarla, la fermò, parlarono, e
saputo che quella non si sentiva bene e che stava scomoda nel suo
scompartimento, Giuseppina le cedette il suo posto e il suo cuscino da
viaggio e la fece riposare tutta la notte. La mattina si sentì
soddisfatta di essere stata a disagio per dar sollievo a quella
poverina.
Queste sono le vendette dei santi!
«Dolcezza! dolcezza! dolcezza!» le aveva raccomandato il suo sposo Divino, «che tu abbia, sempre il sorriso sulle labbra». Fece singolare studio di questa virtù sicché si mostrava a tutti piacevole e sorridente quantunque fosse opposto al suo carattere.
Cercava di ricopiare la mansuetudine dell'Agnello divino di cui si cibava ogni giorno.
Godeva
pace interna, frutto della sua carità sempre accesa e vigilava con
grande zelo per conservarla o riacquistarla se turbata per qualche
motivo.
Ebbe una coscienza
molto delicata, ma senza scrupoli; per conservarne la purezza, usava
con frequenza della Confessione anche per semplici difetti incerti.
Fu
terziaria francescana e domenicana e di entrambi i santi Patriarchi
Francesco e Domenico praticò gl'insegnamenti dopo averne approfondito lo
spirito. Le consorelle francescane della Congregazione di S. Antonio in
Via Merulana, ricordano tuttora la parola semplice, ma viva, improntata
al fuoco dell'amor di Dio, che usciva dalla bocca della Maestra delle
Novizie! Sempre rimarranno scolpiti nel loro cuore gli esempi di virtù
di Giuseppina Berettoni, la sua amabilità, la sua dolcezza, il suo
sorriso.
Fu donna forte ad
ogni prova; nelle ristrettezze economiche, fino a soffrire la fame: nel
servigio notturno e gratuito agli infermi, nel sopportare
contraddizioni e privazioni che le cagionarono l'altrui zelo indiscreto.
Trattò bene coloro che la molestarono privandola anche del tetto e
degli appoggi più preziosi per la vita spirituale.
Fu forte nel sopportare le tribolazioni cagionatele assiduamente e per lungo tempo dal nemico infernale.
Fu
in un modo singolare sposa scelta di Gesù e vera Ancella di Maria,
servendosi di lei l’eccelsa Madre di Dio, per parecchi servigi a
profitto delle anime.
Ne citerò solo uno, da lei stessa narrato ai suo Direttore in data 16 maggio 1906.
I. M. I.
Roma, 16 maggio 1906.
Molto Rev.do e carissimo Padre,
La
tristezza che da giorni mi opprimeva, d'un tratto si dileguò
cambiandosi tosto in gaudium magnum. Ero in compagnia di Cristina e
Alfonsa nella Chiesa di S. Carlo, per la visita al SS. Sacramento mentre
vi si faceva la funzione del mese Mariano: quando contro ogni mia
aspettazione mi apparve (nel modo ultimo detto) la Vergine Santissima.
A
tal vista, temetti dapprima una illusione ma, dopo le indicatemi prove,
rassicurato dalla bontà del personaggio, feci a richiederle che cosa
volesse da me: Che tu vada questa stessa sera stessa in Via... ad
assistere la povera mia figlia ed indurla al ravvedimento. Da anni o
decenni vive in luogo infame ove fu tratta per inganno a tredici anni.
Chiedine la dovuta licenza e va, senza timore ed indugio. Io ti sarò
dappresso. Perciò mandai a Lei, ecc. Venuto il Superiore gli dissi.
Padre mi si dà un caso pel quale abbisogno assolutamente di consiglio. -
Ebbene dica, dica pure. - Una Signora mio conoscente mi ha pregato di
recarmi in Via F.... presso una inferma che trovasi in un luogo infame
per cercare d'indurla a confessarsi; che ne dice, Vostra R., posso
andare? - Aspetti un momento - mi rispose. Recitai il Veni creator per
il suo Superiore; egli pure evidentemente, pregava e poi - Vada pure -
mi disse - la Madonna l'aiuterà, lo Spirito Santo le suggerirà quello
che dovrà dire e fare in vantaggio di quella meschina. Ha fatto bene di
venire a domandare il consiglio, che da sé, non doveva mai azzardarsi a
passare la notte in luogo tale, ma coll'obbedienza non deve temere di
nulla.
Questa
risposta, mi riempì di meraviglia e di contento insieme: meraviglia,
perché dal suo Rettore, non me la sarei aspettata una risposta così
chiara e pronta in cosa di tanta gravità (specialmente per avergli io
manifestata la cosa in modo del tutto ordinario) e contento anche
provai, non solo pel bene che mi ripromettevo di fare coll'aiuto divino,
a quella meschinella, ma anche perché non mi vidi così costretta a
manifestare al suo Superiore quello che di straordinario era avvenuto.
Prima di lasciarmi andare mi richiese se avevo persona d'età che mi
accompagnasse; risposi che vi sarei andata con una mia vecchia amica
(alludendo alla Madonna).
E
vi andai di fatto, ma le confesso, Padre, con gran ribrezzo. Mi fu
facile l'ingresso nella stanza dell'inferma che trovai sola ed affranta
da un'asma affannosa. - Sorella mia, le dissi, voi soffrite tanto,
nevvero? - Tanto!, mi rispose. Ma chi è lei? - inutile vi dica il mio
nome, tanto non potete conoscermi. Ma allora, perché è qui? - Per
scongiurarvi, in nome della Madonna, a detestare i vostri peccati e
riconciliarvi con Dio, prima che vi presentiate al Suo cospetto. - Ah,
Signorina, non nomini in questo luogo di peccato, il nome della più pura
fra le donne; sarebbe un profanarlo: in quanto poi al perdono dei miei
peccati, come oserei sperarlo se furono tanti e tanto grossi? - E qui si
coprì il volto colle mani e cominciò a piangere dirottamente. In quel
mentre entrarono tre donne; la più anziana, mi si fece innanzi, e con
cipiglio severo mi richiese: - Che volete voi da questa? - indicandomi
l'inferma. - Dacché la scienza non può salvarle il corpo voglio provarmi
io a salvarle l'anima. - Voi!... Sareste forse mandata dai preti a
carpire qualche soldarello a quella disgraziata. Non i pretti, mi manda
qui la Madonna che vuole ad ogni costo salvare quella poverina. - Sì, la
Madonna! - replicò con sogghigno beffardo la interlocutrice alzando il
braccio per percuotermi, le fu però impedito dalle due compagne
d'aspetto meno arcigno che la trascinarono quasi a forza fuori della
stanza. Mi avvicinai allora al letto dell'inferma e le consigliai: -
Domandate che vi portino al vicino ospedale di S. G... ove potrete
trovare un Sacerdote, a cui manifestando le vostre colpe, ne riceverete
il perdono. - Ma sono tali e tanti, Signorina, che è impossibile il
perdono! - Per quante esse siano e per quanto gravi, spariranno
completamente dall'anima vostra solo che il Sangue preziosissimo di Gesù
vi si riversi. A voi rincresce, nevvero, d’averlo offeso? - Se mi
rincresce! - e qui piangeva di nuovo. - Fatevi animo, sorella mia, se
grandi sono stati i vostri peccati, più grande, infinitamente più grande
è la misericordia di Dio. - Ma come mai lei, replicava fra i
singhiozzi, giovane e onesta, non ha avuto ribrezzo d'entrare in questa
casa d'inferno? ma lo sapeva lei, chi ero io? - Io non vi conoscevo, ma
la Madonna apparendomi, mi ha detto: Io voglio che tu vada questa sera
stessa in Via F.... ad assistere una povera mia figlia ed indurla al
ravvedimento; da anni ed anni vive in luogo infame ove fu tratta per
inganno a tredici anni. - È proprio così, Signorina mia! La Madonna le
ha detto questo! Ce l'ha mandata Lei qui? La ringrazi per me, Signorina !
Avevo ripugnanza di andare all'ospedale, ma per confessarmi, non vedo
altra via. Qui il Sacerdote non lo lascerebbero entrare. Ma anche lei,
Signorina, ne esca presto, potrebbe vedere cose che la
scandalizzerebbero: telefoni alla pubblica assistenza; andrò
all'ospedale. Mi venga a trovare, Signorina, che dopo essermi
confessata, prima di morire voglio baciarle la mano. - La bacerete per
me alla Madonna, quando la vedrete in Paradiso: ma ditemi, nella vostra
vita, Le rendeste forse qualche speciale ossequio? - Io? No, che mi
ricordi... prima che entrassi in questa casa maledetta, ero pero nella
congregazione delle Figlie di Maria... allora ero buona, innocente, ma
l'ho profanata dopo, la mia medaglia!... Ebbene, coraggio, sorella mia,
la Vergine Santissima non si è dimenticata di esservi madre, benché voi
vi siate dimenticata d'esserle figlia. Maria Santissima è Madre
specialmente dei peccatori e, come il Divin Suo Figlio ci fu dato per
redimerci dalla schiavitù del peccato, così Maria Santissima ci fu data
per ritrovare la via della salute. Per Maria ne venne Gesù; se smarrito,
solo per Maria possiamo riaverlo. Voi avete trovato Maria, o meglio
Maria Santissima è venuta a rintracciar voi, tenetevi dunque certa di
rinvenire Gesù.
Lasciai
all'inferma una medaglia della Vergine e uscii dalla sua camera. Mi
recai in una vicina farmacia e telefonai alla pubblica assistenza,
raccomandando la massima urgenza. Erano poco più delle ore 10, quando
rincasai. Sbocconcellai un po' di cena e poi mi ritirai in camera. Nel
mentre mi provavo a rendere le dovute grazie alla Vergine, per avermi
scelta ad istrumento delle sue misericordie, nuovamente mi apparve
(sempre nello stesso modo) e...: Grazie a te, figlia diletta, mi disse,
per aver seguito appuntino quanto ti ordinai. Dio ti rimeriti! e
disparve lasciandomi confusa per tanta benignità e grandemente
consolata. Stamane alle 5,30 mi recai all'ospedale e vi ritrovai la mia
sorellina prossima a dare l'ultimo respiro; si era già confessata e
aveva anche ricevuta l'estrema unzione, ma per il continuo vomito
(avendo anche un cancro allo stomaco) non poté ricevere la Santa
Comunione, benché ne avesse mostrato vivo ed insieme umile desiderio.
Tra
le smanie dell'agonia, invocava la Madonna coi titoli più dolci. Mi
riconobbe, e afferratami la mano, voleva portarla alle labbra, ma non
glielo permisero le forze: allora io vi appressai il Crocifisso e le
sussurrai all'orecchio: Le mani di Gesù baciate, esse vi apriranno il
Paradiso. - Gesù buono!... a me il Paradiso?... a me?... grazie!...
grazie!... - E con queste e simili parole d'umiltà e confidenza (mi
riferì una Signora che mandai poco fa all'ospedale) se ne morì verso le 2
pomeridiane.
Lei
beata, che sia pure in fin di vita si è data a Gesù! Ma quanti, oh!
quanti fratelli ci sono che muoiono colla bestemmia sul labbro, e
piombano nel baratro infernale! Per evitare un tanto male io vorrei
soffrire mille pene, affrontare inauditi sacrifici... vorrei... temo,
Padre mio, di mancare d'umi1tà coi miei arditi vorrei, io che pochi
giorni fa chiamavo gravose poche e piccole croci! Vede, Padre, quanto
sono mai incoerente! Quale assegnamento può fare lo Sposo, di una sposa
come me fredda e incostante? Preghi, preghi sempre per me acciò non mi
renda del tutto indegna del glorioso titolo di Sposa di Gesù e di figlia
di Maria.
Nel cuore del Primo e sotto il manto della Seconda troverà quando il voglia la sua
aff.ma figlia in G. C Giuseppina
Obbedienza.
Ebbe
grandissima obbedienza ai suoi successivi Direttori, sotto-ponendo ad
essi quanto doveva fare e le manifestazioni ricevute dall'alto, ed altri
favori, per dipendere in tutto da essi.
Alla
virtù dell'obbedienza, è dovuto il suo ingresso nell'Istituto del
Calvario e la sua uscita da esso: l'avere appartenuto come novizia ad un
altro Istituto, pel quale sentiva ripugnanza, ma le era stato ordinato
da Dio, pel bene che doveva compiervi, sia in Italia, che in America.
Terminato il suo compito, e per ordine superiore, uscì da
quell'Istituto. Infine, soltanto dopo il consenso del suo Direttore, si
decise a vestire l'abito delle Clarisse, che poi, senza veruna sua
colpa, dovette lasciare e rassegnarsi a vivere nel secolo.
Anelava
alla vita religiosa; ma, come abbiamo visto, Dio permise che entrasse
in detti Istituti, soltanto per compiervi una missione, perché la
voleva in mezzo al mondo. Nel mondo doveva svolgere la sua vita di
fervido apostolato: ed ecco che la vediamo in mezzo ai bambini, alle
giovani, alle donne del popolo; nelle scuole, negli ospedali, nel
tugurio del povero, presso i moribondi: ovunque vi erano o delle miserie
da soccorrere, o delle anime da istruire, illuminare, salvare.
Purezza.
La sua purezza fu illibata, e conservò fino alla morte una semplicità da bambina. A nove anni fece il voto di verginità. Tanto era l'amore a questa bella virtù che per conservarla in sé, non solo fuggiva qualunque occasione potesse adombrarla, ma non risparmiava al suo corpo, digiuni e penitenze. E perché questo fiore illibato fosse conservato e rispettato in altre anime, usava in certe occasioni, di una forza e di un’arditezza rare in una donna.
Un
giorno, saputo che un uomo aveva osato mancare di rispetto ad una
giovanetta, tante ne seppe dire a quell'uomo, che lo costrinse ad
inginocchiarsi e chiedere perdono.
Una
sera in treno (nel 1912) accortasi che un giovane si avvicinava troppo e
molestava una signorina che viaggiava in sua compagnia, scattò, prese
quel giovane per la cravatta e lo spinse violentemente indietro; alle
proteste di lui, rispose con tanta serietà e fermezza che l'obbligò ad
allontanarsi.
Trovò la forza di conservare la sua purezza, nella preghiera e nella mortificazione.
Spirito di preghiera.
Pregava molto, se non vogliamo dire ininterrottamente, poiché qualunque luogo o momento era per lei adatto per pregare. Non bastandole il giorno, pregava di notte: quasi ogni settimana, (quando cioè ne aveva il permesso e la possibilità) faceva l'Ora Santa, cioè vegliava in preghiere dalle undici alla mezzanotte del giovedì di venerdì. In alcune occasioni speciali, faceva i veglioni (così lei li chiamava) vegliava cioè a pregare tutta la notte, e se il suo corpo voleva cedere al sonno, lo risvegliava con discipline.
Sua delizia era lo stare innanzi a Gesù Sacramentato, specialmente quando Lo vedeva solennemente esposto.
Ho
detto più sopra che la S. Comunione era il suo pane quotidiano; qui
aggiungo che era il sospiro più ardente del suo cuore e, nessun ostacolo
valeva ad impedirle di unirsi al suo Gesù Sacramentato.
Amò
di tenerissimo amore la SS. Vergine che chiamava «la cara Mammina» e da
Lei fu riamata con tenerezza ineffabile, ricevendo prove anche
straordinarie della Sua materna protezione.
Spirito di penitenza.
Fece dei prolungati digiuni e, per molto tempo, i Sabati a pane ed acqua. Negli ultimi anni, perché più affaticata per la scuola ed altre opere di apostolato, e perché più debole, si accontentò di aggiungere al suo cibo nei giorni di digiuno, (cioè mercoledì, venerdì e sabato d'ogni settimana) un po' di verdura o altra cosa di stretto magro.
Fece frequenti discipline e per molto tempo, dormì sulle tavole che teneva sotto il lenzuolo.
Amore verso Dio
L'amore verso Dio e lo zelo per la sua gloria, fu l'oggetto del suo cuore ardente. Guai se sentiva bestemmiare o fare discorsi sconvenienti: diventava di fuoco. Un giorno mi disse: «Se una volta o l'altra, non mi vedi tornare, cercami in qualche ospedale; sarà segno che qualcuno a cui avrò fatta una delle mie, mi avrà rotta la testa. Che bello! farsi rompere la testa per Gesù!» Avrebbe voluto che tutte le anime avessero conosciuto ed amato Gesù, ed a questo scopo, non risparmiava parole, spese, fatiche. A me che, negli ultimi tempi della sua vita, le raccomandavo di risparmiarsi un poco, disse un giorno: «Ma tu non senti nel cuore un gran desiderio di far conoscere Gesù e di farlo amare da tutti?» Tutta la sua gioia era di «dare Gesù alle anime»; di fatti da citare ce ne sarebbero tanti, ma mi limiterò a questo, il più recente.
Avendo
saputo che nella borgata Ponte Mammolo, ove insegnava dall'ottobre
1926, la Chiesa era lontana quattro chilometri e che la maggior parte di
quegli abitanti non sentiva la Messa nei giorni festivi, propose di
raccogliere offerte per far costruire una cappella, ed intanto, perché
quelle persone potessero ascoltare la S. Messa almeno il giorno di
Natale, chiese ed ottenne dall'Autorità Ecclesiastica, il permesso di
far celebrare nella scuola. Bisognava però mettersi d'accordo col
Parroco di quella zona e provvedere a tutto: ebbene ella si mette in
moto, sola, in campagna, a piedi per parecchi chilometri, e portando del
peso; va, domanda, ottiene. La sua cattedra, servì da Altare, e in quel
giorno di Natale, numerose furono le persone che, per il suo zelo,
poterono ascoltare la S. Messa. Tornò a casa stanca, ma raggiante di
gioia, per aver fatto «nascere Gesù in quella borgata».
Amore del prossimo e suo apostolato
Dall'amore di Dio nasce l'amore del prossimo. Conosciuto il suo amore verso Dio, è facile dedurre quale sia stato il suo amore verso il prossimo. Avrebbe voluto lenire tutti i dolori, soccorrere tutte le miserie: dava e dava senza contare; dava anche più di quanto potevano permettere le sue risorse finanziarie. Era felice di privarsi anche del necessario, per venire in soccorso dei suoi fratelli bisognosi. Più volte Dio mostrò di gradire e benedire la sua carità col moltiplicarle prodigiosamente il denaro in favore dei poveri, come vedremo da una lettera scritta al suo Direttore il 5 giugno 1906.
Nel
1918, quando la febbre spagnola, desolò la campagna romana, lei, per
lungo tempo, seguita solo da un'amica, senza badare al rigore della
stagione ed al pericolo di contagio, si recava ogni mattina con un
calesse carico di medicinali ed altri soccorsi a portare il conforto
materiale e spirituale, nelle più remote zone della campagna romana,
compiendo fin dove era possibile, la missione dell'infermiera, del
medico, del sacerdote.
La sera tornava stanca, spesso affamata, ma sempre piena d'ardore e pronta a rimettersi in moto il giorno seguente.
Il
suo amore però, mirava più direttamente alle anime. Il ministero della
scuola, che esercitò fina alla vigilia della sua morte, fu un esercizio
della più alta beneficenza in favore delle anime, per il dono
pregevolissimo ricevuto dal Cielo, di saper volgere al bene l'animo dei
fanciulli. Alla sua scuola i piccoli crescevano buoni e pii; e anzi, non
pochi, sotto la sua guida, coi primi rudimenti della cultura,
apprendevano a schiudere l'anima alla grande idea della vita sacerdotale
e, fatte appena le classi elementari, passavano o nei Seminari o in
scuole preparatorie di Ordini religiosi per divenire un giorno sacerdoti
zelanti di Gesù Cristo.
In
questi ultimi anni, la borgata Magliana era divenuta come il centro
della sua attività professionale ed apostolica e nessuno può ridire il
bene che vi seminò come insegnante e come coadiutrice del Parroco nelle
varie opere parrocchiali. L'opera massima cui ella rivolse tutte le sue
più tenere cure e cui non risparmiò neppure la vita, fu la formazione
morale della gioventù femminile iscritta alla Pia Unione delle Figlie di
Maria, riportandone frutti visibili ed insperati. Non bastandole questo
campo di attività, volle istituire la Congregazione delle Spose e Madri
Cristiane che diresse con rara abilità e tatto. E l'opera della
Dottrina Cristiana, e l'assistenza gratuita per legittimare matrimoni, e
la Sezione filodrammatica femminile ebbero anch'esse la loro parte del
suo zelo ardentissimo.
Dove
più si distinse il suo spirito d'apostolato fu nella conversione delle
anime, specialmente di quelle che si trovavano prossime a presentarsi al
tribunale di Dio. A quanti e quanti peccatori anche arrabbiati
anticlericali, cresciuti e vissuti in mezzo a perniciosissimi
pregiudizi, fanaticamente avversi ad ogni cosa che seppe di Chiesa, non
seppe la Giuseppina, trasformata in infermiera, infondere in cuore
sentimenti tutti opposti a quelli per tanto tempo nutriti, sino ad
accogliere il Sacerdote, prima ostinatamente rifiutato, riceverne i
conforti della Religione e così pentiti, mandarli fiduciosi e tranquilli
incontro alla morte ed al divino giudizio! Quante di queste anime
devono la loro eterna salvezza allo zelo della serva di Dio!
Qui trovo opportuno, a conferma di ciò, trascrivere una lettera che ella scrisse al suo Direttore:
I. M. I.
Roma, 26 agosto 1906
Mio buon Padre,
Torno
adesso dal Vaticano ove assistetti alla Messa Papale e ricevetti dalle
mani dell'Augusto Vicario di Gesù Cristo, il Pane degli Angeli: con
quanta soddisfazione mia, glielo lascio immaginare!
Da
tempo l'avevo desiderato un tanto favore, e Gesù, che nulla sa negare
alla sua ancella glielo ha concesso. Sia anche per questo nuovo tratto
della sua bontà verso di me, benedetto e lodato in eterno! Ma ho a darle
un'altra notizia, Padre, per la quale, con maggior ragione, unitamente a
me, povera figliuola, Gliene renderà lode. Ed è la conversione e la
santa morte di quella donna appartenente alla setta (che dico alla
setta? Dovrei dire alle sette), oltrecché massonica, socialista brunista
(cioè di Giordano Bruno) e a non so quante altre mai tristissime.
In
compagnia di quella tal Signora, piissima vedova, entrai nella
stamberga della moribonda: fummo richieste a che fine ci fossimo portate
là. A sollievo della malata - rispondemmo.
E
che andate sollevando - ribatte l'uomo dall'aspetto brutale e cascante
per il molto vino che doveva aver bevuto - fra poco era bella e
cotta...- Così dicendo, si era buttato su d'una specie di poltrona, e
poco dopo, saporitamente dormiva.
Accertate
che altri uomini non vi fossero in quel canile, ci avvicinammo alla
moribonda la quale si chiamava Nazzarena; questo nome additava una
nascita cristiana, perché un tal nome, non si dà che a cristiani e pii
cristiani.
- Povera
Nazzarena, soffrite molto nevvero? - Come un cane!... Ah, venisse
presto la morte!.. - e giù un'orribile bestemmia contro Gesù... Io non
avevo mai udito bestemmie dai moribondi; che tutti in quel punto,
fossero uomini o donne, mostrano un certo riserbo: quella disgraziata,
no; invocava la morte come fine ai suoi mali ed imprecava a Gesù, perché
credeva (e con quanta ragione!) causa del suo ritardo. Ma quella
bestemmia, quello strale lanciato contro l'Amatore delle anime, andò a
ferire il suo Cuore, e da quella ferita uscì con effusione, l'acqua
vivificatrice, la sola capace a dissetare e purgare le anime. Quella pia
signora, all'udire bestemmiare, non seppe trattenere le lagrime; io non
piangevo, ma ero internamente straziata e pregavo il dolcissimo mio
Signore e Sposo a voler perdonare l'ingiuria e le altre molte colpe di
quella meschina e fui esaudita. "Sia tua conquista, diletta mia, Io non
so resistere alle tue domande, lo sai, qualunque cosa tu mi chieda non
posso e non voglio rifiutarti perché tu nulla hai rifiutato al mio
Amore". Sicura della parola del mio Sposo, mi avvicinai all'infelice
sorella e: - ancora pochi momenti di vita ti rimangono: hai giusto il
tempo di confessare le tue colpe, di detestarle, e di ricevere dopo
sessant'anni come tuo viatico, Colui che dovrà fra breve giudicarti
secondo le opere tue. Non temi, sorella, questo annunzio - Io non ho
paura di nessuno! - Tu, non dirai così, tra poco, quando nella sua
maestà ti si mostrerà il Divin Giudice e li condannerà all'eterna
perdizione. Se adesso giudichi insopportabile il male che t'affligge,
che cosa farai nel fuoco per tutta l'eternità? - Ah, no, nel fuoco non
voglio andare! Due inferni no! Ma ditemi, signora, se io mi confesso,
basterà questo a non farmi andare al l'inferno? - Sì, certamente, purché
ti confessi bene! - E che cosa bisogna fare per confessarsi bene? -
Bisogna dire tutti i peccati che commettesti dopo 1'ultima confessione
fatta bene e concepirne vero e profondo rincrescimento, non solo per
l'inferno meritato, ma ancora per l'offesa ed il disgusto dato a Dio coi
peccati. Ti par poco, sorella mia, avere addolorato Dio? Egli, non per
sé, che il peccato non lo tocca, ma per il bene, per l'amore grande che
ci porta, prova grandissimo rincrescimento in vedere che ci allontaniamo
da Lui col peccato, avvicinandoci così alla perdizione; e da parte sua,
fa del tutto per richiamarci a Sé, come ha fatto con te tante volte! - E
voi che ne sapete? - Lo so, lo so… ormai, conosco per mia e per altrui
esperienza, quanto è buono Gesù… e tu lo hai bestemmiato! ma tu non
sapevi nevvero che bestemmiavi? - Lo sapevo, lo sapevo!.. ma io non lo
credevo così buono come voi me lo avete descritto... A me avevano detto
peste e vituperio di Lui... Ma scusatemi, è vero, o non è vero, che è
Dio fatto uomo? - E sì, certamente; ed è morto in croce per salvarci
dall'inferno, per meritarci il Paradiso. - A me avevano detto che è
morto in croce come (mi dà pena ripetere il paragone) Giordano Bruno sul
rogo, per affermare i suoi principi. - Ma Giordano Bruno fu un
degenerato, doppiamente apostata e i suoi scritti tale lo manifestano.
Ma Gesù, fu santo, sempre santo e puro, e pura e santa fu la sua
dottrina. - Volete dire il vangelo? - Che lo conosci? - Magari l'avessi
messo in pratica! - Sei ancora in tempo! Il padrone, non ti ha ancora
domandato conto dei talenti che ti aveva consegnato... - Oh, se me la
ricordo questa parabola! Ogni volta che aprivo il vangelo, mi capitava
sott'occhio, ma allora io chiudevo il libro. - Non farlo adesso, sorella
mia, che il padrone è alla porta. - Ma, è tutto dire, confessarsi, a
chi non l'ha fatto più da sessant'anni! - Il sacerdote ti aiuterà, ti
ricorderà i peccati. - Ah, me li ricorderà lui? E chi può mai
immaginarli i miei peccati? È possibile che Gesù Cristo voglia
perdonarmeli tutti?... - Sì, purché tu formi un vero dolore dei tuoi
peccati. - È certo che mi rincresce di aver fatte tante birbonate e
d'aver trattato Gesù Cristo, come un nemico, Lui che è morto in croce
per salvarmi dall'inferno. - Dunque vado a chiamare il prete? - Sì, ma
non tanto giovane, se no si scandalizza. - Ma quest'uomo, se si
svegliasse? - Non c'è pericolo; neppure le cannonate lo sveglierebbero,
adesso però lo manderò via io. - Chiamò una delle nipoti, una ragazzetta
sui quattordici anni; dopo poco entrarono nella stanza, o soffitta, due
uomini (coinquilini della malata) s'incollarono l'ubriaco e, di peso,
senza ch'egli desse alcun segno di vita, lo trasportarono in una
stamberga vicina. Erano le undici di notte, la Signora mia compagna,
unita ad una donnetta del vicinato, andò a chiamare il Parroco, io
intanto disposi l'inferma per ricevere i SS. Sacramenti. Più di due ore
(dovendosi l'inferma riposare e prendere qualche ristoro) durò la
Confessione. Dopo una certa Scrittura che il Parroco estese e che
l'inferma sottoscrisse di suo pugno, le fu dato il S. Viatico che
ricevette con trasporti di umiltà e di riconoscenza, e subito dopo
l'Estrema Unzione. Ancora un bel po' il pio Sacerdote si trattenne al
capezzale della moribonda, la quale, col nome di Gesù sulle labbra, -
ripetendo appunto per la centesima volta la breve e succosissima
giaculatoria propria dei moribondi - Gesù mio misericordia! -
ripetendosi l'attacco cardiaco che da anni aveva, spirò. Noi, insieme al
buon Sacerdote recitammo alcune preci per la defunta ed il Te Deum di
ringraziamento a Dio, per tanta grazia.
Io
andai a passare il resto della notte in casa di quella pia vedova in
Piazza Farnese, ma né lei, né io chiudemmo occhio, tanto ci aveva scosso
il fatto amorosissimo al quale sì viva parte avevamo preso.
Benedicevamo Gesù e la Sua amorosissima Madre, come Ella farà ancora,
buon Padre, a ciò invitando anche il P. Girolamo e quanti più può.
Benedica e raccomandi a Dio la sua
Giuseppina.
Questo fatto, e l'altro citato nella lettera del 16 maggio 1905, sono un saggio delle molte conversioni operate dalla Serva di Dio; alle volte avvenute in modi ordinari, ma evidentemente preparati da Dio stesso.
Tale
fu una parte del suo apostolato, ben nascosto. Di un altro, verso le
orfanelle, servano le seguenti parole della Serva di Dio scritte al suo
Direttore:
5 giugno 1906
Apparizioni e comunicazioni, grazie a Dio, non ne ho avute in questi giorni: adesso le temo più che prima (e poi si sta tanto bene senza) meno, fastidio anche per Lei Padre... non è vero?
Non
mi sgridi, Padre, per averle fatta questa confessione; ma con lei devo
essere schietta, anche a rischio d'essere impertinente. Non ostante però
non abbia manifestazioni etc., mi trovo abbastanza raccolta ed unita al
mio Dio, durante e fuori dell'orazione della qual grazia, ancora mi
riconosco immeritevolissima e ne do lode a Dio tre volte santo e solo
degno di adorazione e di amore.
Non
ho ancora scritto alla Clarissa, ma quanto prima lo farò: oggi no,
perché devo occuparmi per rinchiudere due orfanelle d'ambo i genitori.
Oh! Se vedesse, Padre, quanto mi torna facile annidare queste care
colombine pericolanti! Ci si vede proprio l'opera della Madonna SS.ma.
Ogni difficoltà si appiana; pensi, Padre, che nel mese ora decorso,
cinque orfanelle potei, per sola grazia di Dio, rinchiudere in religiosi
orfanotrofi.
Ed è
per questo e per l'aiuto in denari (che nel mese di maggio una diecina
di volte mi si moltiplicarono) dati al Circolo delle Donne Cattoliche,
che socie e presidenti, mi vogliono fare vicepresidente del circolo mio
che è sotto il titolo e la protezione della figlia primogenita di S.
Domenico, voglio dire S. Caterina da Siena. Io mi sono rifiutata
energicamente ed allegramente.
testo tratto da LA VITA E LE VIRTU' DI GIUSEPPINA BERETTONI di Annetta Fattori e P. Giovanni Coradazzi - edizione del 2008 a cura di Ferruccio Botto. Il libretto a stampa può essere richiesto presso il Centro Giuseppina Berettoni o reperibile presso la libreria delle Apostoline della Pontificia Università Antonianum in Roma, via Merulana 124.
testo tratto da LA VITA E LE VIRTU' DI GIUSEPPINA BERETTONI di Annetta Fattori e P. Giovanni Coradazzi - edizione del 2008 a cura di Ferruccio Botto. Il libretto a stampa può essere richiesto presso il Centro Giuseppina Berettoni o reperibile presso la libreria delle Apostoline della Pontificia Università Antonianum in Roma, via Merulana 124.